tag:blogger.com,1999:blog-86818642746597942792024-03-12T18:01:54.833-07:00Dr.ssa Debora Magnani Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale DR.SSA DEBORA MAGNANI, riceve per appuntamento a CAGLIARI in VIA TUVERI 94 e a NUORO in VIA ISONZO 12 (angolo Via Trieste).
Tel. 3385268293Drssa Debora Magnanihttp://www.blogger.com/profile/15948972261711990799noreply@blogger.comBlogger19125tag:blogger.com,1999:blog-8681864274659794279.post-69935128429622215892012-06-20T07:35:00.002-07:002012-06-20T07:39:18.288-07:00TERAPIA COGNITIVO COMPORTAMENTALE di TERZA GENERAZIONE - COSA E' L'ACTL’Acceptance and Commitment Therapy, o ACT (“ACT” si pronuncia come singola parola, non come lettere separate) è una nuova forma di psicoterapia, con solide basi scientifiche, e fa parte di quella che viene definita la “terza onda” della terapia cognitivo comportamentale (Hayes, 2004). L’ACT è basata sulla Relational Frame Theory (RFT): un programma di ricerca di base sulle modalità di funzionamento della mente umana (Hayes, Barnes-Holmes, e Roche, 2001). Questa ricerca suggerisce che molti degli strumenti che le persone utilizzano per risolvere i problemi, conducono in una trappola che crea sofferenza.<br />
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L’ACT prende in considerazione alcuni concetti non convenzionali:<br />
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• La sofferenza psicologica è normale, è importante ed accompagna ogni persona.<br />
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• Non è possibile sbarazzarsi volontariamente della propria sofferenza psicologica, anche se si possono prendere provvedimenti per evitare d’incrementarla artificialmente.<br />
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• Il dolore e la sofferenza sono due differenti stati dell’essere.<br />
<br />
• Non bisogna identificarsi con la propria sofferenza.<br />
<br />• Si può vivere un’esistenza dettata dai propri valori, iniziando da ora, ma per farlo si dovrà imparare come uscire della propria mente ed entrare nella propria vita.<br />
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In definitiva, ciò che viene richiesto dall’ACT, è un fondamentale cambiamento di prospettiva: uno spostamento nel modo in cui viene considerata la propria esperienza personale.<br />
<br />
I metodi di cui si avvale forniscono nuove modalità per affrontare le difficoltà di natura psicologica e cercano di cambiare l’essenza dei problemi psicologici e l’impatto che essi hanno sulla vita.<br />
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L’Acceptance and Commitment Therapy si basa su tre punti fondamentali:<br />
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<em><strong>Mindfulness</strong></em>: è un modo di osservare la propria esperienza che, per secoli, è stato praticato in oriente attraverso varie forme di meditazione. Recenti ricerche nella psicologia occidentale, hanno provato che praticare la mindfulness può avere benefici psicologici importanti (Hayes, Follette, & Linehan, 2004). Attraverso tali tecniche si impara a guardare al proprio dolore, piuttosto che vedere il mondo attraverso di esso; si può comprendere che ci sono molte altre cose da fare nel momento presente, oltre a cercare di regolare i propri contenuti psicologici.<br />
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<strong><em>Accettazione</em></strong>: si basa sulla nozione che, di norma, tentando di sbarazzarsi del proprio dolore si arriva solamente ad amplificarlo, intrappolandosi ancora di più in esso e trasformando l’esperienza in qualcosa di traumatico. L’ACT opera una chiara distinzione tra dolore e sofferenza. Per la natura del linguaggio umano, quando ci si trova di fronte ad un problema, la tendenza generale è di capire come attaccarlo.<br />
Capire come liberarci dagli eventi indesiderati (come predatori, freddo, inondazioni) è sempre stato un fattore essenziale per la sopravvivenza della razza umana; tuttavia il tentativo di usare questa stessa organizzazione mentale dinanzi alle proprie esperienze interne non funziona. Quando ci si imbatte in un evento interno doloroso infatti, si tende a fare ciò che si fa solitamente: organizzarlo e risolverlo per sbarazzarsene. In realtà però le esperienze interne non sono uguali agli eventi esterni e i metodi per cercare di eliminarle non funzionano. Deve essere chiaro che l’accettazione, come viene intesa in questo contesto, non è un atteggiamento nichilistico auto-distruttivo ; né un tollerare il proprio dolore, o il sopportarlo, ma è un vitale e consapevole contatto con la propria esperienza.<br />
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<strong><em>Impegno e vita basata sui valori</em></strong>: quando si è coinvolti nella lotta contro i problemi psicologici spesso si mette la vita in attesa, credendo che il proprio dolore debba diminuire, prima di iniziare nuovamente a vivere. L’ACT invita a uscire dalla propria mente ed entrare nella propria vita intraprendendo azioni impegnate in direzione di quelli che sono i propri valori. <br />
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fonte: act.italia.orgDrssa Debora Magnanihttp://www.blogger.com/profile/15948972261711990799noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8681864274659794279.post-2176701050587650822011-12-15T04:01:00.001-08:002011-12-15T04:01:54.430-08:00Autostima e AmoreL’autostima è quel sentimento per cui una persona, rivolgendosi a se stessa, pensa in generale positivamente o negativamente; include anche la parola “sicurezza”, la sicurezza nelle proprie capacità mentali e/o fisiche, nell’essere ben accettato o addirittura ammirato dagli altri. (S. Crosera, 2000).<br />
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Come si caratterizza l’autostima ?<br />
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L’autostima si può distinguere in alta e bassa autostima, in autostima realistica o irrealistica, autentica e inautentica, stabile e instabile, globale e specifica. ( M. Miceli, 1998) L’alta e bassa autostima sono in rapporto con le nostre valutazioni e le nostre aspirazioni. Per sapere se una persona ha un’alta o una bassa autostima bisogna sapere “cosa pensa di sé” e “come vorrebbe essere”. Occorre osservare che discrepanza c’è tra le sue autovalutazioni di fatto e quelle desiderate. Se la discrepanza è grande, l’autostima sarà bassa; se la discrepanza è piccola, l’autostima sarà alta, perché la persona pensa di corrispondere ai suoi desideri, alle sue aspettative e ambizioni. La persona che ha un’autostima alta prima di intraprendere ogni attività, risolvere un problema, affrontare una prova, appare in genere sicura di sé, convinta di avere buone probabilità di successo. E’ questa fiducia in se stessa che le dà la spinta, l’incoraggiamento: è una scommessa proprio su se stessa. Senza questa scommessa avrebbe un atteggiamento fin troppo cauto e conservatore, che non le farebbe osare strade nuove. Ha spesso alle spalle una storia di precedenti successi, che alimentano le sue rosee aspettative. Se in passato è incappata in qualche delusione rispetto a compiti simili, tende a pensare che “stavolta andrà bene”. Le situazioni e le prove difficili le risultano stimolanti, sono una sfida da raccogliere, per dimostrare a se stessa e agli altri che è in bamba, in una parola vuole eccellere. La persona che ha una bassa autostima, invece, prima di ogni prova si sente ansiosa e preoccupata, vorrebbe darsela a gambe ed essere lasciata in pace. Ha molti dubbi sull’esito dei suoi sforzi e l’esperienza passata non le suggerisce prognostici favorevoli; si raffigura anche il momento in cui dovrà fare i conti con l’ennesimo fallimento. Entra in panico anche quando c’è un iniziale risultato positivo, tende ad evitare e così facendo si sottrae anche alle possibilità di successo. Non vede le prove come stimolanti sfide, ma come minacce per la sua autostima, occasioni in cui rischia di dimostrare di non essere abbastanza capace, interessante, intelligente. Pensa che basta cavarsela, l’atteggiamento è quello sulla difensiva, non quello all’attacco. Mentre di fronte al successo la persona che ha un’alta autostima è soddisfatta, perché vede confermate le sue aspettative; quella che ha una bassa autostima non è contenta, il successo la coglie di sorpresa , la rende confusa e timorosa.Tuttavia l’autostima non è sempre stabile, costante nel tempo, può subire anche delle variazioni, delle oscillazioni periodiche o quotidiane, che dipendono da fattori contemporanei o storici. Un’autostima instabile da “fattori contemporanei” varia di volta in volta in base alle situazioni, agli specifici successi o fallimenti e alle specifiche autovalutazioni che la persona si dà. Ogni successo o apprezzamento positivo, e viceversa ogni fallimento o apprezzamento negativo, vengono automaticamente interpretati come segni del proprio valore, conseguentemente l’autostima si innalza o si abbassa, seguendo le oscillazioni del momento. Gli inevitabili alti e bassi della vita di tutti i giorni sono automaticamente ritradotti in alti e bassi della loro autostima. I “fattori storici” che influenzano l’autostima, invece, comprendono il comportamento valutativo di genitori, insegnanti e altre figure significative. Questi possono avere importanti ripercussioni sull’autostima del bambino e influenzare anche molte sue caratteristiche in età adulta. Un’autostima instabile da “fattori storici” sembra dipendere dall’arbitrarietà e mutevolezza delle valutazioni altrui, a cui siamo esposti nell’infanzia. Se l’adulto esprime giudizi arbitrari, inattendibili, contraddittori, motivati dall’umore del momento, il bambino arriverà a convincersi di non avere controllo sulle valutazioni che riceve, cioè di non essere in grado di favorire certe valutazioni o di impedirne altre.<br />
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Concludendo l’autostima si caratterizza anche in base ad altre dimensioni che sono la sua globalità o specificità, autenticità o inautenticità e il suo essere realistica o irrealistica. L’autostima globale è indicatore ricorrente e attendibile del benessere psicologico dell’individuo; l’autostima specifica permette di prevedere il comportamento in attività intellettuali, sociali, affettive, ecc., ovvero il successo o il fallimento. L’autostima realistica è aderente ai fatti, mentre l’autostima irrealistica è lontana dalla realtà (può talvolta darci intraprendenza e tenacia, qualità molto utili per progredire, apprendendo nuove strategie e acquisendo nuove competenze). L’autostima autentica è quella composta da autovalutazioni che la persona crede corrispondenti a verità, per cui un’alta autostima inautentica maschera una bassa autostima. Un’autostima alta, sufficientemente realistica, autentica, stabile e globale è segno di benessere psicologico ben più di un’autostima bassa, irrealistica, in autentica, ecc. ( M. Miceli, 1998)<br />
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L’autostima si può migliorare?<br />
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L’autostima si può migliorare essendo connessa con l’autovalutazione, con il conoscersi o piacersi. Per migliorare l’autostima occorre modificare il sistema di credenze, di convinzioni, di aspettative su se stessi, le prospettive o punti di vista dell’autovalutazione e del giudizio di sé. Solo così si può cambiare il senso del proprio valore. Le terapie cognitive e i training di terapia cognitiva specifici per migliorare l’autostima sono risultati piuttosto efficaci, perché aiutano ad assumere un atteggiamento critico rispetto alle proprie convinzioni, cercando di metterle in discussione.Drssa Debora Magnanihttp://www.blogger.com/profile/15948972261711990799noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8681864274659794279.post-51426609127991310892011-12-15T03:36:00.000-08:002012-08-29T08:22:37.452-07:00Le precondizioni per la Terapia di coppia. I problemi di coppia iniziano quando dall’innamoramento (se c’è stato) si passa alla “fase di transizione”. In questa fase l’eccitamento di conoscere a fondo la nuova persona e la passione dei rapporti sessuali diminuiscono o svaniscono (dopo alcuni mesi o alcuni anni), mentre i sentimenti divengono basati su una valutazione più realistica del partner. Si iniziano a percepire i difetti dell’altro, i due partner non si sentono più corrisposti nel soddisfacimento dei loro desideri e bisogni, iniziano ad affiorare le differenze. Tutto questo coglie emotivamente impreparata la coppia, che inizia ad interrogarsi sull’opportunità di continuare una relazione sempre più deludente.<br />
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I conflitti iniziano ad emergere perchè ciascuno cerca di forzare l’altro a corrispondere maggiormente ai propri desideri e ne mette alla prova l’amore. Sono motivi di conflitto il disaccordo sui valori personali, le dinamiche di potere, i problemi organizzativi e di comunicazione (Lo Iacono, 1999). I valori più sentiti sono le manifestazioni di amore e di stima, il sesso, i figli, il denaro, i beni materiali, i rapporti con le persone esterne alla coppia, la suddivisione degli oneri legati alla conduzione familiare.<br />
<br />
Queste crisi, quando hanno un esito sfavorevole, possono portare al disamore e alla rottura del rapporto, oppure alla continuazione in condizioni di continuo conflitto e malessere psicologico. Molte coppie si separano perché entrambi i partner si sentono molto delusi l’uno dell’altra, perché i litigi e la critica reciproca sono aumentati, perché scoprono difetti e caratteristiche del proprio partner di cui non si erano accorti prima e che non sembrano possibili da tollerare. La disillusione è molto forte e il rapporto talmente stressante che l’unica soluzione diventa la separazione. Un frequente fattore di insoddisfazione nelle coppia sembra essere lo stress individuale, che riduce le risorse necessarie a contribuire ai compiti familiari, a fornire al partner quel sostegno pratico e psicologico che si aspetta. Quando una persona è sotto stress è meno disponibile ad ascoltare e negoziare, ha più necessità di aiuto e meno disponibilità ad offrirne, fatica a contrattare il soddisfacimento delle proprie esigenze e la rinuncia al soddisfacimento dei propri desideri e bisogni (o la sua posticipazione) diventa un’ulteriore fonte di stress. Inoltre allo stress si accompagna un maggiore livello di emotività, che in termini cognitivi può essere descritto come attivazione di idee irrazionali, distorsioni cognitive, modelli disfunzionali di elaborazione delle informazioni, con il rischio di un aumento di tensioni, conflitti e insoddisfazioni nella coppia e nella famiglia. (Lo Iacono, 2004)<br />
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Quando le coppie raggiungono il loro “punto di non ritorno”, quando i loro sentimenti si sono spenti definitivamente o non ci sono mai stati, quando entrambi o uno dei due non è motivato ad un tentativo di ricostruzione della loro relazione, non esiste terapia di coppia in grado di far rinascere passione e sentimenti di amore. Infatti devono esistere due importanti precondizioni per la terapia di coppia, che sono: – l’esistenza nella storia passata della coppia di un periodo di soddisfazione reciproca; – la volontà di entrambi di far durare la relazione (Soresi e Sanavio, 1978).<br />
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Se esistono queste due precondizioni la terapia è possibile (altrimenti si aiuta la coppia a separarsi) e con l’approccio cognitivo-comportamentale di coppia _ che è molto direttivo, soprattutto nelle fasi iniziali della terapia, una peculiarità molto utile perché si placano, si evitano i litigi nelle coppie _ si vanno a modificare le idee irrazionali, i modelli disfunzionali di elaborazione delle informazioni (bias interpretativi), il grado di priorità dei valori e degli scopi personali, le convinzioni individuali (nonché le aspettative e desideri che ne derivano) e gli errori di pensiero ( le distorsioni cognitive di Beck come l’esagerazione, la generalizzazione, le spiegazioni prevenute, le etichette negative,, ecc.) dei partner. Si modificano le emozioni o stati d’animo negativi (delusione, rabbia/ostilità, disprezzo, disgusto, ecc.), al fine di raggiungere un maggior grado di soddisfazione nei confronti del partner, attraverso: – una diversa percezione del partner, _ un cambiamento del comportamento personale nei confronti del partner,_ un cambiamento del comportamento da parte del partner o, più spesso, _ un misto di tutte e tre le cose. ( Lo Iacono, 2004)<br />
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Gli obiettivi della terapia cognitivo-comportamenale di coppia possono essere sintetizzati in alcuni punti: _ aiutare i singoli partner ad accettare l’altro e le caratteristiche uniche della loro relazione (ciò comporta un lavoro di apprendimento e sviluppo a livello individuale), _ aumentare la consapevolezza delle dinamiche di interazioni ricorrenti nella coppia e dei loro effetti per la soddisfazione reciproca, _ aumentare la disposizione e la capacità a valorizzarsi, sostenersi e gratificarsi vicendevolmente, _ migliorare le capacità comunicative e la gestione dei conflitti.<br />
<br />
L’approccio cognitivo-comportamentale si fonda sul presupposto che alla base dei matrimoni riusciti ci sia una reciprocità di gratificazione (rinforzo), ciascun partner dovrebbe rinforzare i comportamenti rinforzanti del partner, seguendo il principio del “dare per avere” (EmmelKamp, 1986), per un’unione felice sono essenziali certe doti di impegno, sensibilità, generosità, considerazione, sollecitudine, lealtà, senso di responsabilità, fidatezza , poi bisogna imparare, scendere a compromessi, agire in base a decisioni prese in comune, avere una certa duttilità, una buona predisposizione ad accettarsi e a perdonarsi, a tollerare difetti, errori e bizzarrie (Beck, 1990).Drssa Debora Magnanihttp://www.blogger.com/profile/15948972261711990799noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8681864274659794279.post-41220333595584116792011-02-09T06:00:00.001-08:002011-02-09T06:00:42.494-08:00TERAPIA DI COPPIA. TRATTAMENTOLa Terapia cognitivo-comportamentale nasce come intervento a breve termine, come processo attivo e direttivo di educazione della coppia su specifici aspetti che possono contribuire alla disfunzione relazionale. <br />
Il terapeuta affiancherà la coppia nel proprio processo di cambiamento.<br />
Come primo passo, il terapeuta costruirà un rapporto positivo con i membri della coppia e “imparerà la loro danza” attraverso un colloquio congiunto, a cui seguiranno uno o due colloqui individuali per comprendere la storia della coppia e della famiglia.<br />
Il terapeuta valuterà gli aspetti:<br />
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- cognitivi (ad esempio le percezioni, le aspettative della coppia); <br />
- comportamentali (ad esempio le capacità comunicative, il modo di interagire passato, i punti di forza e le debolezze della coppia); <br />
- emotivi (ad esempio le emozioni positive e quelle negative, come rabbia, depressione, ansia, gelosia) emersi da questa prima fase di analisi. <br />
<br />
Quindi: <br />
- identificherà gli schemi o le credenze dei partner rispetto alle relazioni in generale; <br />
- individuerà i pensieri dominanti sulla loro relazione; <br />
- chiarirà il modo in cui tutto ciò influenza i loro comportamenti e le loro emozioni. <br />
<br />
Elaborerà infine una proposta di trattamento e si potrà a questo punto iniziare il percorso terapeutico, solo però se la coppia sarà convinta dell’utilità del trattamento per la risoluzione dei propri problemi.Drssa Debora Magnanihttp://www.blogger.com/profile/15948972261711990799noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8681864274659794279.post-47815801203648357232011-02-09T05:59:00.000-08:002011-02-09T05:59:44.290-08:00LA TERAPIA DI COPPIA. COME POSSIAMO STARE BENE IN COPPIA?Nelle favole i personaggi della coppia si incontra, il Principe bacia la Principessa, si sposano e vivono felici e contenti. Nella vita non accade proprio così. <br />
Ecco le doti che sono considerate l’espressione delle speranze e dei sogni più profondi di amore e devozione (Beck, 1988):<br />
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- Sensibilità - Lealtà <br />
- Cortesia - Riguardo <br />
- Generosità - Rispetto <br />
- Comprensione - Ragionevolezza <br />
- Responsabilità <br />
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Le aspettative verso il proprio partner vengono spesso deluse perché non si ha la consapevolezza che uomini e donne sono diversi e hanno modalità diverse di comunicazione. I problemi nascono quando si vuole imporre la propria diversità all’altro. Un primo importante passo consiste nel prendere coscienza di questa diversità. <br />
Il rapporto di coppia, lo ripetiamo, si fonda sulla ricerca della felicità insieme, non sul potere e sulla ragione. È importante stabilire una comunicazione con il proprio partner non finalizzata a controllarlo o a fargli cambiare idea secondo un proprio principio di ciò che è giusto o sbagliato. L’accettazione dell’unicità del partner è fondamentale.<br />
Per avere una buona relazione di coppia c’è bisogno di:<br />
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- momento della separatezza;<br />
- momento del contatto;<br />
- momento della fusione.Drssa Debora Magnanihttp://www.blogger.com/profile/15948972261711990799noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8681864274659794279.post-55688098585036444562011-01-19T02:29:00.001-08:002011-01-19T02:29:38.834-08:00E' POSSIBILE USCIRE DALLA DIPENDENZA AFFETTIVA?Uscire dalla dipendenza, per quanto difficile e doloroso, non è comunque impossibile. I percorsi terapeutici indicati consistono o nella terapia individuale o nella terapia di coppia.<br />
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Nel caso in cui entrambi i membri della coppia avvertano un disagio nella relazione e siano motivati a cercare una soluzione alla propria sofferenza, una terapia di coppia, ovvero un percorso terapeutico che li coinvolga entrambi, può risultare molto valido, oltre che per riflettere sulle premesse a cui si è ispirata la relazione, anche per ricontrattare e negoziare alcune regole fondamentali dello stare insieme o elaborare alcune nuove modalità di rintracciare il proprio benessere personale con o senza l’altro.<br />
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Una terapia individuale può aiutare la persona a trovare dei modi più rispettosi e dignitosi di relazionarsi a se stesso e alle figure affettive significative con cui si è instaurata la dipendenza affettiva, al fine soprattutto di evitare di ripetere gli stessi sbagli nelle relazioni in corso o in quelle future.<br />
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In entrambe le circostanze, l’aiuto di una terza persona esterna alla dinamica in atto, ovvero il terapeuta, può rivelarsi molto utile soprattutto perché si trova al di fuori di questo circolo vizioso.Drssa Debora Magnanihttp://www.blogger.com/profile/15948972261711990799noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8681864274659794279.post-83388423698085235102011-01-19T02:28:00.000-08:002011-01-19T02:28:48.391-08:00SINTOMI DELLA DIPENDENZA AFFETTIVACapita a volte che le persone dipendenti affettivamente, in particolare nei casi di co-dipendenza nella coppia, manifestino alcuni sintomi connessi alla loro modalità relazionale disadattava, come per esempio:<br />
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- Depressione<br />
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- Disturbi dell’alimentazione<br />
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- Insonnia<br />
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- Abuso di sostanze<br />
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- Disturbi d’ansia<br />
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- Sintomi riconducibili ad uno stato psicofisico di stress.Drssa Debora Magnanihttp://www.blogger.com/profile/15948972261711990799noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8681864274659794279.post-29713699337148966112011-01-19T02:26:00.001-08:002011-01-19T02:26:53.829-08:00LA STORIA FAMILIARE E LA DIPENDENZA AFFETTIVADIPENDENZA AFFETTIVA E STORIA FAMILIARE<br />
<br />
Alcune ricerche hanno evidenziato una correlazione tra l’insorgere di un comportamento di dipendenza affettiva in età adulta e alcune dinamiche familiari vissute durante l’infanzia.<br />
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Spesso le famiglie di queste persone presentano delle caratteristiche particolari:<br />
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1)impossibilità, da parte del bambino, di sperimentare il senso di sicurezza rispetto alla figura affettiva di riferimento<br />
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2)tendenza ad assumere con il partner lo stesso ruolo assunto durante l’infanzia con il genitore di riferimento, nella speranza questa volta di ottenere quelle risposte di reciprocità non avute in passato<br />
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3)provenienza da una famiglia che tendeva a trascurare i bisogni emotivi ed affettivi dei suoi componenti<br />
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4)provenienza da una famiglia che tende ad ignorare le percezioni e i sentimenti del bambino che, di conseguenza, comincia ad adattare le proprie percezioni a quelle delle figure genitoriali, perdendo la capacità di entrare in contatto con i propri stati d’animo autentici e la fiducia nelle proprie sensazioni. Rischia così di non saper riconoscere quali situazioni affettive possano arrecare danno e quali invece no<br />
<br />
5)ambiguità nel comportamento dei genitori che possono aver sedotto o abusato dei minori<br />
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6) alto livello di conflittualità, tensione e violenza tra i genitori o tra questi e i figli<br />
<br />
7) genitori a loro volta dipendenti da sostanze<br />
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8) genitori in competizione tra loro, manipolatori nei confronti del bambino con cui cercano di coalizzarsi a discapito del coniuge<br />
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9)un’esposizione nell’ambiente familiare a regole oppressive che sono state in grado di coartare un’aperta espressione dei sentimenti da parte del bambino.Drssa Debora Magnanihttp://www.blogger.com/profile/15948972261711990799noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8681864274659794279.post-66966172992527456722011-01-19T02:25:00.000-08:002011-01-19T02:25:01.323-08:00DIPENDENZA AFFETTIVA E OSSESSIONEIl pensiero dell’altro avvolge interamente la vita del dipendente affettivo che, in preda a questo pensiero intrusivo e dominante, non riesce a ritagliarsi spazi mentali e fisici personali di cui godere-<br />
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Spesso il bisogno di controllare in modo ossessivo la relazione e il partner viene nascosto dietro un’apparente tendenza all’aiuto dell’altro.<br />
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Egli vive interamente all’ombra dell’altro, pronto a servirlo, a correre in suo aiuto, ad accontentarlo, tutte attività che assorbono tempo ed energia e non consentono di investire su se stessi. La “dose” di presenza e di tempo (per usare un termine di Giddens) che l’altro può concedere non basta mai, quasi fosse una sostanza da cui è difficile disintossicarsi.<br />
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Quando la persona dipendente arriva alla saturazione e tenta la rottura, spesso in modo drammatico e tragico, il pensiero va subito sul partner appena lasciato e il ricordo dell’amato diventa ancora più opprimente di quanto lo fosse prima della separazione e allora, non riuscendo a sostenere il dolore della perdita e l’idea soverchiante che l’altro è lontano, la persona dipendente ritorna immediatamente sui propri passi, pronta a concedersi ed umiliarsi ancora di più per paura che l’altro, offeso dal gesto di rottura, non voglia più saperne.<br />
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Ogni tentativo di uscire dal rapporto, viene immediatamente seguito da un subitaneo pentimento e ogni ripensamento è accompagnato da vergogna e colpa.Drssa Debora Magnanihttp://www.blogger.com/profile/15948972261711990799noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8681864274659794279.post-47226354778694153162011-01-19T02:18:00.000-08:002011-01-19T02:23:43.043-08:00LA DIPENDENZA AFFETTIVALa dipendenza affettiva, definita anche “love addiction”, implica <br />
<br />
1) la dimensione del controllo, che in questo caso diventa “perdita di controllo o incapacità a controllare un nostro comportamento”<br />
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2) la conseguente sensazione di impotenza sperimentata nel constatare che non abbiamo potere sulle nostre azioni<br />
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3) l’abitudine che alimenta e rafforza il comportamento disadattivo.<br />
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ma all’interno di una relazione con una persona significativa e non con una sostanza o con una cosa come nel caso della tossicodipendenza, della dipendenza da internet, dal gioco….come nelle più comuni dipendenze.<br />
Una quota di dipendenza sussiste in qualsiasi relazione e, se limitata, è utile all’instaurarsi del rapporto in quanto è necessaria all’essere umano per ottenere conferme, sostegno, conforto, empatia e scambio ma, la dipendenza affettiva propriamente detta, assume delle forme così totalizzanti da danneggiare se stessi e la relazione in corso, fino a diventare una vera e propria patologia.<br />
<br />
Proprio questa peculiarità, ovvero riferirsi alla relazione con un altro essere umano, ha determinato il suo tardo ingresso nella categoria dei disturbi relazionali, in quanto difficile da riconoscere come un comportamento problematico.<br />
<br />
L’aspetto di forte dipendenza dal partner è comprensibile nella fase del corteggiamento e dell’innamoramento, in quanto dipendere dalle conferme da parte dell’altro e aspirare ad un amore quasi fusionale è in parte fisiologico e utile alla nascita del legame, ma questi comportamenti diventano disfunzionali se perdurano nel tempo.<br />
<br />
Nella dipendenza affettiva, il partner dipendente si annulla completamente per l’altro la cui esistenza, presenza e vicinanza diventa sostanziale al proprio benessere, alla percezione di essere vivi e utili. <br />
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Per tali motivi la persona dipendente si immola per l’altro, dedicandogli tutto se stesso, disconoscendo i propri bisogni evolutivi, consapevole di vivere all’interno di un rapporto in cui non esiste reciprocità, in una relazione squilibrata rispetto al “dare” e al “ricevere”, in cui l’altro può permettersi anche un atteggiamento parassitario o opportunistico, più o meno volontario, spesso consapevole del fatto che il suo partner dipendente non si distanzierà mai affettivamente da lui, anzi, paradossalmente, più massicce sono le richieste, più si rafforza la dimensione della dipendenza.<br />
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Accade con una certa frequenza che i due partners non siano per niente affini sentimentalmente, culturalmente, che non condividano progetti, interessi. Le priorità dell’uno a volte non corrispondono a quelle dell’altro, così come non coincidono le aspettative, i bisogni. La relazione può essere per entrambi poco gratificante, autodistruttiva e umiliante ma, nonostante la consapevolezza della scarsa qualità del rapporto, non si riesce a distaccarsi.<br />
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Questo meccanismo relazionale spesso presuppone che il partner verso cui si prova quasi devozione e completa sottomissione, venga percepito dalla persona dipendente come una sorta di “salvatore”, la cui vicinanza va a colmare un “vuoto esistenziale e affettivo” che, senza di lui, non si intravede la possibilità di riempire.<br />
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In realtà questa forma distorta di aiuto è attuata anche dal dipendente affettivo che, frequentemente, sceglie un partner problematico, a sua volta legato a qualche altra forma di dipendenza (da droga, alcool, sesso, gioco…) e, proprio per questo motivo, crede di poterlo salvare, quasi fosse una missione. Il suo ruolo di redentore giustificherebbe l’attitudine sacrificale ad omettere le proprie esigenze, in una specie di martirio quotidiano. <br />
<br />
Una variante di questa situazione è la co-dipendenza affettiva che presuppone che entrambi i partners mostrino dipendenza affettiva l’uno nei confronti dell’altro arrivando ad instaurare una dimensione relazionale basata sul controllo costante dello stato psichico dell’altro, come unica possibilità di dimostrare il proprio valore, la propria forza e alimentare la propria autostima.<br />
<br />
Alcune caratteristiche tipiche di questa forma di dipendenza affettiva sono la dispersione o diffusione dell’identità, le sensazioni e vissuti di vuoto cronico, gli impulsi e compulsioni e le le distorsioni nelle distanze interpersonali.<br />
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Cermak (1986) individua quattro criteri su cui poter diagnosticare una co-dipendenza:<br />
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1. Tendenza ad investire continuamente la propria autostima nel controllo di sé e degli altri, benché vengano sperimentate conseguenze negative;<br />
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2. Assunzione della responsabilità altrui pur di soddisfare i bisogni del partner, fino a disconoscere i propri;<br />
<br />
3. Presenza di stati d’ansia e mancata percezione dei confini tra sé e l’altro in situazioni di intimità e di separazione;<br />
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4. Abituale coinvolgimento in relazioni con persone che presentano disturbi di personalità, dipendenze, disturbi del controllo degli impulsi o co-dipendenti.<br />
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Spesso questa patologia della relazione contribuisce al mantenimento del sintomo del partner che presenta il disturbo specifico (tossicodipendenza, un disturbo alimentare come ad esempio anoressia, bulimia e binge-eating disosrder o disturbo da alimentazione incontrollata….).<br />
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La paura è l’emozione dominante in questa forma di dipendenza e guida la maggior parte dei comportamenti inconsulti messi in atto. La persona dipendente vive quotidianamente sotto scacco di vari tipi di paura:<br />
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1) La paura della separazione e dell’abbandono<br />
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Per farsi ben volere è disposta a fare cose spiacevoli e degradanti e, pur di stare nell’orbita dell’altro, può accettare situazioni per chiunque intollerabili (Lingiardi V., 2005), bastonando costantemente la propria dignità e la propria autostima.<br />
<br />
Poiché è inconcepibile pensare alla propria vita senza l’altro, il dipendente fa di tutto per evitare che l’altro sfugga ma, inevitabilmente, provoca il rifiuto di quest’ultimo. Questo rifiuto alimenta ulteriormente il senso di inadeguatezza, la paura dell’abbandono e della solitudine. <br />
<br />
Queste sensazioni insopportabili rinforzano a loro volta l’attitudine a calpestare i propri bisogni, i propri spazi. Spesso il partner dipendente vive seguendo l’aspettativa irrealistica che prima o poi perseguirà il suo obiettivo di “farsi amare esattamente come vuole essere amato” e che “il compagno/a non potrà non innamorarsi di lui/lei”.<br />
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2) La paura del cambiamento<br />
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Non è raro che gli individui affettivamente dipendenti ristagnino per lungo tempo all’interno di queste sabbie mobili relazionali, senza progettualità, senza evolversi, crescendo molto lentamente e il minimo indispensabile perché ogni cambiamento diventa un ulteriore elemento che può sfuggire al proprio controllo, proprio come fa la persona amata.<br />
<br />
La percezione che la propria vita si sia fermata è molto forte e frustrante e, proprio questa consapevolezza, contribuisce a fare in modo di “non lasciare la presa”, di perseverare nell’intento di farsi amare da una persona su cui hanno investito a lungo energie e speranze, smettendo di vivere e soffocando le iniziative rivolte al proprio benessere. <br />
<br />
I vissuti emotivi dei dipendenti affettivi infatti alternano sentimenti di rabbia e rimorso a vergogna e colpa anche perché, spesso, si mostrano per quelli che non sono, rinunciando ad aspetti sostanziali della propria identità per assumere maschere che hanno il solo scopo di compiacere l’amato. Anche per questi motivi sovente sono gelosi e possessivi.<br />
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Più si impegnano a trattenere l’altro a sé e si immolano alla causa, più la posta in gioco diventa alta ed è impensabile tornare indietro o abbandonare tutto.Drssa Debora Magnanihttp://www.blogger.com/profile/15948972261711990799noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8681864274659794279.post-75293297618051716872011-01-19T02:06:00.001-08:002011-01-19T02:06:47.080-08:00LA TERAPIA DI COPPIAMolte coppie in crisi, prima di giungere alla comunque dolorosa decisione di lasciarsi, decidono di intraprendere una terapia di coppia, per tentare di salvare la loro unione. Non tutti però sanno bene a cosa vanno incontro e che tipo di impegno una terapia di coppia possa richiedere. Ecco dunque alcune informazioni che possono aiutare a prendere una decisione consapevole.<br />
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E' normale che la relazione di coppia cambi nel tempo?<br />
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La relazione di coppia non è statica, ma dinamica, nel senso che si trasforma continuamente. <br />
Con il trascorrere del tempo infatti, con la frequentazione e la conoscenza fra i due partners, i sentimenti e le emozioni dell’innamoramento si trasformano in un sentimento più profondo, quello dell’amore. La relazione fra i due partners diventa più stabile e solida, ma le emozioni travolgenti dell'inizio si fanno sempre più sfumate. In una coppia stabile e duratura, molte sono le vicende della vita che i due partners dovranno affrontare: l'attraversamento di queste esperienze cambierà moltissimo sia le due persone, sia la loro relazione. In alcuni casi i cambiamenti riguarderanno in prevalenza solo uno dei due partners, in altri casi li riguarderanno entrambi. Questi cambiamenti, che non sempre vanno nella stessa direzione, possono a volte provocare uno squilibrio molto forte, che può spingere la coppia in una profonda crisi, dalla quale non sempre è facile riemergere.<br />
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Esistono coppie felici, che non hanno mai conosciuto una crisi?<br />
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Il terapeuta John Gottman, che ha a lungo studiato le coppie stabili, ha scoperto che non esistono coppie assolutamente felici: tutti, chi più chi meno, durante la loro vita di coppia sperimentano dei conflitti, dei litigi, dei momenti di tensione, più o meno forte. Le coppie che appaiono più felici tuttavia sembrano avere un segreto: quello di saper gestire i conflitti, con affetto e spirito di amicizia. Le coppie infelici non hanno questa capacità e per questo ad un certo punto della vita decidono di separarsi, senza cercare possibili rimedi, come quello di una terapia di coppia.<br />
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In cosa consiste una terapia di coppia?<br />
<br />
Come dice la parola, la terapia di coppia riguarda la coppia: dunque non la famiglia allargata ai figli, non le due persone prese singolarmente. L'attenzione viene focalizzata sulla relazione e sui cambiamenti che possono essere ad essa apportati, sia nel modo di comunicare, sia negli atteggiamenti da prendere.<br />
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Quale è l'obiettivo di una terapia di coppia?<br />
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L'obiettivo di una terapia di coppia è quello di fornire ai due partners una nuova chiave di lettura dei comportamenti propri e del partner nei momenti di crisi, ma soprattutto è quello di individuare ed applicare dei cambiamenti che possano ristabilire equilibrio e serenità, se non felicità, alla coppia.<br />
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Cosa succede durante una terapia di coppia?<br />
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Durante una terapia di coppia entrambi i partners si siedono davanti al terapeuta e discutono liberamente dei loro pensieri e dei loro sentimenti. <br />
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Una terapia di coppia coinvolge anche i figli?<br />
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No: le terapie che coinvolgono anche i figli si chiamano "terapie familiari". Esse sono diverse, perché si focalizzano sulle dinamiche fra i vari componenti della famiglia e non solo sui due membri della coppia. <br />
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Che differenza c'è fra terapia di coppia e mediazione familiare?<br />
<br />
La mediazione familiare non esplora aspetti della vita passata della coppia, ma solo quelli presenti e futuri, attraverso il raggiungimento di accordi psico-legali condivisi. Essa è importantissima in fase di pre-separazione. La terapia di coppia viene invece intrapresa quando i due partners desiderano risolvere i conflitti che li hanno mandati in crisi, preferibilmente allo scopo di rimanere insieme, e non di separarsi (anche se talvolta anche la terapia di coppia può portare alla decisione condivisa che sia meglio chiedere la separazione). La terapia di coppia prevede certamente anche una mediazione, ma ha rispetto ad essa obiettivi superiori, che riguardano non solo gli aspetti pratici dell'esistenza, ma il benessere generale delle persone che desiderano continuare a vivere in coppia.<br />
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C'è differenza fra terapia di coppia e terapia sessuale?<br />
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La terapia di coppia si interessa anche degli aspetti sessuali, mentre una terapia sessuale si dovrebbe focalizzare esclusivamente sulle disfunzionalità sessuali della coppia, tralasciando gli aspetti relazionali. In realtà è assai difficile disgiungere i due aspetti, che vengono dunque nella pratica sempre affrontati insieme.<br />
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Quando si inizia in genere una terapia di coppia?<br />
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Si giunge in genere ad una terapia di coppia quando c’è una cronica mancanza di dialogo, quando si sono verificati dei tradimenti, oppure ci sono dissonanze significative sull’educazione da dare ai figli. Quando si è sull’orlo di una separazione legale i due partners non comunicano più e soprattutto non si fidano più l'uno dell'altro.<br />
La Terapia di coppia rappresenta una modalità efficace per risolvere i problemi e i conflitti che gravano sulla relazione e che i due partners non riescono a gestire da soli.<br />
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E' possibile uscire da una crisi di coppia senza ricorrere ad un aiuto professionale?<br />
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Certamente. Si giunge ad una terapia di coppia quando ci si rende conto che, per tantissimi motivi, non ci si riesce da soli e si ha bisogno di un aiuto esterno. <br />
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In che cosa consiste la psicoterapia di coppia?<br />
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Si parte in genere dalla storia della coppia, per meglio comprendere quali sono i cambiamenti che hanno creato l'instabilità ed i conflitti lamentati. Dopo una prima valutazione del caso il terapeuta propone, se necessario, una terapia, indicandone le modalità, i costi, i tempi. Durante la terapia vengono discusse in modo approfondito tutte le tematiche presentate, cercando di analizzarle e di trovare modalità alternative che possano essere d'aiuto nella soluzione dei conflitti.<br />
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Se solo uno dei due partners è d'accordo a fare la terapia di coppia essa funziona lo stesso?<br />
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No: entrambi i partners devono essere motivati ad intraprendere questo lavoro, su sé stessi e sulla propria relazione. Non bisogna tuttavia scoraggiarsi subito: il partner poco motivato potrebbe sbloccarsi alla seconda o terza seduta; certamente se la cosa non avviene, la terapia di coppia non può proseguire.<br />
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Una terapia di coppia mira sempre a mantenere insieme la coppia, a non farla separare?<br />
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Una terapia di coppia non deve mirare a mantenere unita la coppia, ma a cercare di capire quale è la situazione migliore per quella determinata coppia, o per quella determinata famiglia: in alcuni casi la separazione può essere riconosciuta come il male minore. <br />
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Quanto tempo occorre per riscontrare i benefici di una terapia di coppia?<br />
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Una psicoterapia di coppia, se funziona, comincia a produrre i suoi effetti già dalle prime sedute: i due partners si sentono più sereni, tornano a comunicare e riprendono ad avere rapporti sessuali; per questo motivo la durata complessiva non è mai molto lunga. <br />
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L'impegno è limitato alle ore di seduta o vi sono altri impegni da svolgere durante la giornata?<br />
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Oltre che nei discorsi fatti in seduta, questo particolare tipo di psicoterapia si basa anche sulla formulazione di obiettivi da raggiungere, per cui non è raro che il terapeuta assegni dei ‘compiti’ da svolgere a casa, che possono riguardare entrambi i partners o, di volta in volta, uno dei due. In genere uno dei compiti più frequentemente assegnati ad entrambi i partners è quello di scrivere un diario con le loro sensazioni, i pensieri e le emozioni provate durante la settimane, in modo da riproporre questo materiale in seduta, per poterlo analizzare insieme al terapeuta. <br />
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I coniugi devono modificare i loro comportamenti durante una terapia di coppia?<br />
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Quando si è in terapia, la legge fondamentale da osservare è quella del silenzio a casa: si può infatti parlare di tutto nella coppia, tranne che delle cose che principalmente dividono. Soprattutto, se c’è da litigare, bisogna trattenersi, per poterlo fare in una situazione protetta, come nel setting terapeutico.<br />
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Quale tipo di psicoterapia di coppia è più efficace?<br />
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Vi sono in effetti molti tipi di terapie, ma ciò che fa la differenza non è tanto la scuola teorica alla quale il terapeuta appartiene, quanto la possibilità di instaurare un buon legame terapeutico fra pazienti e specialista.<br />
In termini tecnici questo feeling condiviso si chiama ‘alleanza terapeutica’ ed è questo il vero punto di forza di una buona terapia. Per essere certi che vi siano tutte le premesse per cominciare un percorso terapeutico con un dato professionista occorre anzitutto accertarsi che, sin dalle prime sedute vi siano: rispetto reciproco (soprattutto da parte del terapeuta, visto che i pazienti, chiedendogli aiuto, si mettono in una condizione di oggettiva vulnerabilità); capacità di entrare in relazione (non è necessario essersi reciprocamente simpatici, ma è assolutamente indispensabile che il terapeuta sia accogliente, empatico, tollerante nei confronti delle problematiche portate dalla coppia); flessibilità’ (il terapeuta deve essere flessibile: la pretesa di voler seguire alla lettera un metodo terapeutico spesso cozza contro la realtà ed i bisogni delle persone).<br />
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Quale tipo di impegno comporta una psicoterapia di coppia?<br />
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Le sedute possono essere settimanali o quindicinali, a seconda delle situazioni e del grado di conflittualità; la durata di ogni seduta è leggermente più lunga di una seduta individuale; il costo varia moltissimo da uno specialista all’altro, per cui vale la pena informarsi in modo preventivo sul costo di una seduta, in modo da rendersi conto se la spesa può essere affrontabile.Drssa Debora Magnanihttp://www.blogger.com/profile/15948972261711990799noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8681864274659794279.post-47397800455996890972010-07-19T06:36:00.000-07:002010-07-19T06:36:41.630-07:00QUANDO FINISCE UN AMORECollocato ai primi posti nella scala degli eventi stressanti elaborata nel 1967 da Holmes e Rahe, l'abbandono è a tutti gli effetti un trauma che deve essere elaborato. <br />
Da un punto di vista psicologico la perdita del partner viene paragonata all’esperienza del "lutto". Con questo termine (dal latino luctus= pianto e lugere= piangere) si intende la reazione emozionale che si sperimenta quando si perde una persona significativa della nostra esistenza. Infatti non si può amare qualcuno e perderlo senza sentirsi soli e deprivati del suo affetto, senza diventare vulnerabili e provare dolore.<br />
Il lutto è come una ferita, il cui processo di cicatrizzazione richiede tempo e fatica.<br />
A differenza della morte, la perdita del partner nelle separazioni è "l’accettazione di vivere senza l’altro che continua la sua vita indipendente". <br />
Come reagiscono uomini e donne dinanzi al lutto dell’abbandono?<br />
Le donne tendono ad avere reazioni emotive più intense, riescono a parlarne con più facilità, cercano più spesso aiuto anche nella psicoterapia. Gli uomini più spesso “fanno i forti” per aiutare se stessi e gli altri familiari, nascondono le emozioni più intime, per non dimostrarsi vulnerabili, cercano vie di fuga nel lavoro, nell’alcol, o si lasciano andare alla rabbia.<br />
Diverse sono le possibili conseguenze psico-fisiche del lutto da abbandono sugli adulti: tra le conseguenze a livello fisico elenchiamo spossatezza, disturbi del sonno e dell’alimentazione, disturbi digestivi, aumento della pressione, interruzione del ciclo mestruale, problemi sessuali, caduta dei capelli, cefalee, abbassamento delle difese immunitarie.<br />
Tra quelle psicologiche problemi di ansia, fobie, ossessioni, attacchi di panico, disturbi alimentari (anoressia, bulimia…), depressione, disturbo post- traumatico da stress, dipendenze da alcol, farmaci, gioco.<br />
Il lutto da separazione può durare mesi o addirittura anni e in assoluto il far finta di nulla è la situazione che crea più danni e che prolunga la sofferenza nel tempo.<br />
Che fare dunque?<br />
Quando una relazione finisce l’obiettivo principale è quello di riuscire a convertire la "separazione-frustrazione " in "separazione-attiva "; che vuol dire alcune cose come:<br />
<br />
- Concedersi un giusto "periodo di lutto " ossia un tempo adeguato per poter elaborare il trauma del distacco<br />
<br />
- Evitare i sentimenti di colpa nei confronti di se stessi e degli altri bensì trovare una spiegazione e dunque capire e apprendere dall’esperienza della perdita<br />
<br />
- Affrontare la situazione, piuttosto che lasciarsi andare ed autodistruggersi<br />
<br />
- Non rinnegare il dolore bensì accettarlo. Il dolore è una tappa importante per la nostra evoluzione e ci permette di capire i nostri errori e migliorarci<br />
<br />
- Vivere il tempo non come nemico ma come "alleato" per cicatrizzare la ferita <br />
<br />
- In queste situazioni può rivelarsi prezioso l’aiuto di uno psicologo che sosterrà il paziente nell’attraversamento del doloroso passaggio della perdita aiutandolo nell’amara ma allo stesso tempo fondamentale elaborazione dei vissuti di rabbia, dolore, confusione e disorientamento che accompagnano questo momento. <br />
<br />
In particolare lo psicologo aiuterà il paziente a prendere consapevolezza "emotiva" del suo disagio facendo emergere emozioni, sentimenti, pensieri e riflessioni.<br />
<br />
Attraverso il percorso psicologico il paziente potrà comprendere come una perdita dolorosamente vissuta e profondamente elaborata può creare le condizioni per il riconoscimento della stima in se stessi e per una rinascita interiore fondata su una maggiore consapevolezza di sé e delle proprie scelte.<br />
<br />
<br />
A cura della Dott.ssa Francesca SaccàDrssa Debora Magnanihttp://www.blogger.com/profile/15948972261711990799noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8681864274659794279.post-43335933406966042432010-07-19T03:27:00.000-07:002010-07-19T03:27:19.434-07:00LA DIPENDENZA AFFETTIVAE’possibile dipendere da una persona come se questa fosse una droga? La risposta è si. Infatti, quando l'amore si trasforma in un ossessione che travolge e fa soffrire, non parliamo più di amore ma di “dipendenza affettiva”. La love addiction - come la chiamano gli anglosassoni – altro non è che una patologia del sentimento e del comportamento amoroso e, nel mondo contemporaneo, è sempre più diffusa.<br />
<br />
E’ assolutamente normale che in una relazione, in particolare durante la fase dell'innamoramento, ci sia un certo grado di dipendenza e fusione ma questo desiderio, con lo stabilizzarsi del rapporto, tende a diminuire. Nella dipendenza affettiva, invece, il desiderio fusionale perdura inalterato nel tempo ed si tende continuamente ed esasperatamente a "fondersi nell'altro".<br />
<br />
Volendo tracciare il profilo psicologico del dipendente affettivo potremmo dire che è una persona che non si sente libera di amare un altra persona per quella che è veramente e, nello stesso tempo, non è in grado di farsi amare per quella che è la sua vera natura; sostanzialmente il dipendente sta insieme all'altra persona per colmare le proprie paure, i propri bisogni. e non riesce a godere dei veri e propri aspetti positivi dei rapporti umani, obnubilato dalla possessività, dall'ansia di separazione e dalla paura per un possibile abbandono.<br />
<br />
In questi soggetti si può sviluppare nel tempo un vero e proprio quadro psicopatologico contraddistinto da depressione, ansia generalizzata, disturbi del sonno, irritabilità, problemi alimentari, ossessioni e compulsioni.<br />
<br />
Chi è afflitto da dipendenza Affettiva soffoca sul nascere ogni suo interesse, desiderio, amicizia, rapporto con altre persone e familiari, così come restringe al minimo gli impegni lavorativi fino a trascurare e a manomettere tutto ciò. Da un punto di vista comportamentale il dipendente infatti dedica completamente tutto sé stesso all’altro, al fine di perseguire esclusivamente il benessere del partner e non anche il proprio, come dovrebbe essere in una relazione "sana".<br />
<br />
In colui che è affetto da dipendenza relazionale il partner assume spesso il ruolo di un salvatore, di un “eroe”, che diviene lo scopo unico dell’esistenza, e la cui assenza anche temporanea da al soggetto la sensazione di “non esistere” (DuPont, 1998).<br />
<br />
Un rapporto che genera dipendenza è una condizione che intorpidisce mentalmente la persona e la rende incapace di esprimere i propri sentimenti minacciando gravemente la salute e il benessere psicologico.<br />
<br />
La scarsa autostima è il punto di partenza della dipendenza affettiva e solitamente è il retaggio di difficoltà vissute nell’infanzia: esperienze di abbandono, violenze fisiche e psichiche, maltrattamenti e soprusi emotivi lasciano un segno doloroso nella mente del bambino che, una volta raggiunta l’età adulta, collocherà la propria autostima all’esterno, nelle relazioni. Ciò significa che avremo individui estremamente dipendenti dal giudizio e dalle valutazioni altrui al fine di stare bene con se stessi e che cercheranno disperatamente qualcuno in grado di dar loro quel senso di autostima che manca. Tutte queste persone diventeranno dunque “ostaggi” nelle mani di chiunque dimostrerà loro approvazione o affetto.<br />
<br />
Riepilogando i principali sintomi della dipendenza affettiva sono:<br />
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<br />
- Paura di perdere l'amore, dell'abbandono, della separazione<br />
<br />
- Paura della solitudine e della distanza<br />
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- Paura di mostrarsi per quello che si è<br />
<br />
- Paura di amare l'altro per quello che è<br />
<br />
- Senso di colpa<br />
<br />
- Senso d'inferiorità nei confronti del partner<br />
<br />
- Gelosia e possessività<br />
<br />
- Rabbia<br />
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Alla luce di questo quadro non stupisce che questo tipo di personalità dipendente scelga partner "problematici", portatori a loro volta di altri tipi di dipendenza (droghe, alcol, gioco d'azzardo, ecc...). Ciò sempre al fine di negare i propri bisogni, perchè l'altro ha bisogno di essere aiutato. Ma è un'aiuto "malato" in cui si diventa "codipendenti", anzi si rafforza la dipendenza dell'altro, perchè possa essere sempre "nostro".<br />
<br />
<br />
<br />
Il dipendente affettivo vive dunque una vita fatta di tante complesse "trappole emotive" che lo conduce a sofferenza e infelicità. Nel momento in cui il disagio e la sofferenza diventano troppo pesanti, tanto da compromettere seriamente la vita quotidiana, è bene rivolgersi ad uno psicologo che aiuterà l'individuo a prendere maggior consapevolezza della propria situazione e a guardare in faccia alle proprie fragilità e bisogni insoddisfatti al fine di riprendere in mano le redini della propria esistenza e gettare le basi per la costruzione di una più sana e funzionale modalità d'amare. <br />
<br />
Scritto in Dipendenza AffettivaDrssa Debora Magnanihttp://www.blogger.com/profile/15948972261711990799noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8681864274659794279.post-56967487521362131192010-07-19T03:09:00.000-07:002010-07-19T03:11:15.369-07:00IL MIO PARTNER MI HA TRADITO!Una delle esperienze più dolorose in tema d’amore è sicuramente il tradimento.<br />
Il sociologo Baumann definisce l'amore "un prestito ipotecario fatto su un futuro incerto e imperscrutabile" (Baumann, L'amore liquido,2006); in effetti l’infedeltà in amore, come rivelano i sondaggi, è una realtà incontestabile e, come appare sempre più spesso dai media, oggi si tradisce molto di più che in passato.<br />
Ma cosa vuol dire tradire? Il significato originario della parola tradimento viene dal latino "tradere", equivalente in italiano a "consegnare", inteso nel significato di consegnare ai nemici. Esistono diverse forme di tradimento: ad esempio venire meno ad un impegno, deludere la fiducia, infrangere un patto. In ogni modo tradire significa infrangere le aspettative dell’altro o quelle che noi gli abbiamo alimentato.<br />
I fattori in grado di contribuire al tradimento sono diversi e dipendono dalla storia della coppia, dalla capacità di risolvere i problemi, dalla fase della vita che si sta attraversando.<br />
All’interno della coppia possono essere presenti problemi anche prima della crisi e il tradimento può diventare l’esito finale di un disagio presente da tempo.<br />
Ecco una serie di elementi che possono, a lungo andare, creare un terreno fertile al tradimento:<br />
<br />
- La tendenza e l’evitamento dei conflitti o del disaccordo nella convinzione che possanno danneggiare il rapporto.<br />
<br />
- L’evitamento dell’intimità che, di conseguenza, ostacola la condivisione e la complicità dalla vita di coppia.<br />
<br />
- L’insoddisfazione nell'ambito della vita sessuale che viene vissuta come poco gratificante o assente.<br />
<br />
- L'assenza di confini che preservino la coppia da influenze esterne (amicali o familiari)<br />
<br />
- L’assenza di specifici spazi e momenti che appartengano solo alla coppia.<br />
<br />
Dopo che il tradimento è avvenuto un passo importante è la rivelazione dello stesso: può esserci una rivelazione spontanea da parte di chi ha tradito o, molto più frequente l’amara scoperta da parte di chi è stato tradito attraverso un indizio, come un sms, uno scontrino o altro tale da destare fondati sospetti. In ogni caso la rivelazione porta alla crisi del rapporto e a questo punto critico è presa la decisione della rottura o di tentare attraverso il perdono una riconciliazione.<br />
<br />
Ma cosa accade nella mente del “traditore”? All'inizio del tradimento c'è in chi tradisce una sorta di regressione a schemi sentimentali tipici dell’età giovanile, dove l’amore è fatto di passione e d emozioni forti. La relazione con un nuovo/a partner è desiderata in quanto non presenta i litigi, la quotidianeità , le preoccupazioni tipiche del matrimonio o comunque di una relazione che dura da diversi anni. Tuttavia col tempo, può insorgere un forte stato di ansia dovuto alla difficoltà di conciliare tempi e luoghi da dedicare a due relazioni diverse.<br />
<br />
E come reagisce la coppia di fronte al tradimento? Ogni coppia reagirà con le sue modalità, ma in ogni caso verrà messa a dura prova la stabilità di ogni membro: stress, aggressività, incapacità nella gestione della propria rabbia, senso di frustrazione, questi i vissuti principali dopo l’amara scoperta. In questo momento la comunicazione diventa estremamente difficile ed incomprensibile, l’altro viene percepito come un estraneo e la ferita è dovuto soprattutto alla sensazione che siano venute meno le premesse di base su cui si fonda una relazione.<br />
Il tradimento ha minacciato la stabilità, la sicurezza, la fiducia costruite insieme dalla coppia.<br />
A volte i partners si stupiscono delle loro stesse reazioni: coloro che, all’inizio della relazione di coppia, erano sicuri che, se avessero subito un tradimento, avrebbero sciolto il legame, ora invece, davanti all'accaduto, non riescono ad andarsene; coloro invece che affermavano che la loro relazione era più importante di qualsiasi scappatella, ora invece, alla scoperta del tradimento, se ne vanno di casa senza esitazione.<br />
Molto spesso poi, se il tradimento viene perdonato, spesso si tratta di un perdono solo apparente, vale a dire si crede di aver perdonato ma invece la ferita è ancora ben viva. In molti casi si perdona soprattutto per la paura della perdita dell'altro, anche se ha tradito. Anche il perdono di un tradimento richiede una sua elaborazione, come un lutto.<br />
Cosa fare in questi casi? Ecco alcuni utili suggerimenti:<br />
<br />
1. Riconoscere e accettare il sentimento di rabbia e delusione<br />
<br />
2. Dare un senso alla rabbia e renderla costruttiva in qualche modo<br />
<br />
3. Affrontare direttamente il “traditore” e farsi spiegare i motivi del tradimento, ascoltando le sue ragioni<br />
<br />
4. Valutare se il tradimento ha distrutto la fiducia e il rapporto.<br />
<br />
5. Domandarsi se si è in grado di perdonare davvero il partner o se restare con lui è solo un modo per non stare da soli.<br />
<br />
6. Evitare di colpevolizzarsi. Se si è stati traditi, è meglio parlarne insieme e individuare il problema, che spesso appartiene alla coppia.<br />
<br />
7. Concedersi del tempo per superare questo dolore e per sfogarsi magari prendendosi una pausa di riflessione<br />
<br />
E se tutto questo non basta? Sicuramente può rivelarsi utile il supporto di uno psicologo che potrà aiutare entrambi i membri della coppia, laddove gli individui manifestino la volontà di tornare insieme e recuperare il rapporto. Lo psicologo potrà lavorare anche singolarmente sull’individuo che ha subito il tradimento al fine di supportarlo nell’elaborazione dei vissuti di rabbia e dolore e nello sviluppo di strategie funzionali al superamento del momento di crisi.<br />
<br />
A cura della Dott.ssa Francesca Saccà<br />
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<a href="http://sofferenzaeamore.myblog.it/archive/2009/12/21/gli-effetti-psicologici-del-tradimento.html"></a>Drssa Debora Magnanihttp://www.blogger.com/profile/15948972261711990799noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8681864274659794279.post-74806673169863619902010-07-16T04:23:00.000-07:002010-07-16T06:31:33.321-07:00VALUTAZIONE STRESS LAVORO CORRELATO. PROROGA.L’emendamento approvato in commissione Bilancio del Senato il 24 giugno scorso, consente ai privati, così come al pubblico, di prorogare al 31.12.2010 quello che di fatto è dovere in virtù dell’accordo europeo 8/10/2004. Quanto sopra, si legge nel provvedimento, è motivato dal fatto che la proroga consentirebbe di adottare le opportune misure organizzative per la valutazione, tra i diversi rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, anche dello stress lavorativo <br />
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<br />
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(L. Ghiringhelli)Drssa Debora Magnanihttp://www.blogger.com/profile/15948972261711990799noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8681864274659794279.post-7060221782051116972009-12-02T03:02:00.000-08:002009-12-02T05:26:34.567-08:00VALUTAZIONE RISCHIO STRESS LAVORO CORRELATO. NON FATEVI COGLIERE IMPREPARATIIL D.LGS 106/2009 CORRETTIVO DEL D. LGS 81/2008 MODIFICA L'ART. 28, FACENDO DECORRERE L'OBBLIGO DELLA VALUTAZIONE DELLO STRESS-LAVORO CORRELATO A FAR DATA DAL 1° AGOSTO 2010.<br />
<br />
QUALI SONO I RISCHI COLLEGATI ALLO STRESS-LAVORO CORRELATO?<br />
SONO QUELLI CHE LA LETTERATURA SCIENTIFICA DEFINISCE COME RISCHI PSICOSOCIALI.<br />
<br />
LA NORMATIVA DICE CHE BISOGNA VALUTARE IL "RISCHIO STRESS LAVORO CORRELATO", NON "LO STRESS CORRELATO AL LAVORO". NE CONSEGUE CHE CIO' CHE DEVE ESSERE VALUTATO E' IL "RISCHIO STRESS" NON LO "STRESS".<br />
E' CHIARO QUINDI CHE LA VALUTAZIONE RICHIESTA E' DI STAMPO PSICOLOGICO ORGANIZZATIVO E NON CLINICO.<br />
<br />
NEL METODO, LA VALUTAZIONE IMPLICA STRUMENTI ED APPROCCI DELL'ANALISI DI CLIMA, QUINDI LA DIAGNOSI NON E' SULLA PERSONA MA SULL'ORGANIZZAZIONE.<br />
<br />
LA COLLABORAZIONE TRA MEDICO COMPETENTE E PSICOLOGO DEL LAVORO, INSIEME A DATORE DI LAVORO, RSPP E RLS E' SICURAMENTE LA STRADA MAESTRA.<br />
<br />
PER TALE VALUTAZIONE, SONO D'OBBLIGO METODOLOGIE SCIENTIFICHE AFFIDABILI E MODALITA' FORMALI DI VALUTAZIONE. QUINDI RESTA CHIARA L'IMPOSSIBILITA' A RICORRERE AL FAI DA TE E ALL'IMPROVVISAZIONE DOCUMENTALE.<br />
<br />
LE LINEE GUIDA PREVODONO UNA PROCEDURA MULTIMETODO I CUI CONTENUTI COMPRENDONO:<br />
- MISURE OGGETTIVE = ANALISI DEI DATI<br />
- MISURE DIRETTE = SOPRALLUOGO<br />
- MISURE SOGGETTIVE = QUESTIONARIO E/O INTERVISTE<br />
<br />
...IL DISCORSO VI HA INCURIOSITO?...CONTINUERA' PROSSIMAMENTE.Drssa Debora Magnanihttp://www.blogger.com/profile/15948972261711990799noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8681864274659794279.post-38320115811739567132009-12-02T01:38:00.000-08:002009-12-02T01:38:55.654-08:00CITAZIONE"OGNUNO DI NOI HA IL DIRITTO E LA RESPONSABILITA' DI VALUTARE LE STRADE CHE GLI SI APRONO DAVANTI E QUELLE CHE HA GIA' PERCORSO.<br />
SE LA STRADA FUTURA SI MOSTRA AVVERSA O PER NIENTE PROMETTENTE E QUELLE PASSATE AFFATTO INVITANTI, ALLORA BISOGNA RACCOGLIERE TUTTO LO SPIRITO DI INIZIATIVA CHE SI POSSIEDE, PORTARE CON SE LO STRETTO NECESSARIO E INTRAPRENDERE UN NUOVO CAMMINO" MAYA ANGELOUDrssa Debora Magnanihttp://www.blogger.com/profile/15948972261711990799noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8681864274659794279.post-47294184216911261062009-12-01T02:05:00.000-08:002009-12-09T09:27:08.472-08:00PERCHE' RIVOLGERSI A UNO PSICOTERAPEUTA COGNITIVO COMPORTAMENTALE?ALCUNI BUONI MOTIVI:<br />
<br />
- E' SCIENTIFICAMENTE FONDATA. LA SUA EFFICACIA NEL TRATTAMENTO DI NUMEROSI DISTURBI PSICOLOGICI E' STATA CONVALIDATA EMPIRICAMENTE;<br />
<br />
- E' UNA DELLE PSICOTERAPIE PIU' DIFFUSE PER IL TRATTAMENTO DI DIVERSI DISTURBI PSICOPATOLOGICI, TRA I QUALI I DISTURBI D'ANSIA E I DISTURBI DEPRESSIVI;<br />
<br />
- E' CENTRATA SUL QUI ED ORA. I CLIENTI APPRENDONO ALCUNE SPECIFICHE ABILITA' CHE POTRANNO UTILIZZARE PER IL RESTO DELLA VITA;<br />
<br />
- IL MODELLO COGNITIVO COMPORTAMENTALE, POSTULA UNA IMPORTANETE RELAZIONE TRA EMOZIONI, PENSIERI E COMPORTAMENTI. IN BREVE, ESSA E' FINALIZZATA A MODIFICARE I PENSIERI DISTORTI, LE EMOZIONI DISFUNZIONALI E I COMPORTAMENTI DISADATTIVI, PRODUCENDO LA RIDUZIONE E L'ELIMINAZIONE DEL SINTOMO E APPORTANDO MIGLIORAMENTI CHE DURANO NEL TEMPO.Drssa Debora Magnanihttp://www.blogger.com/profile/15948972261711990799noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8681864274659794279.post-19990089595971861452009-12-01T01:54:00.000-08:002010-07-16T06:45:28.870-07:00Formazione e Esperienze ProfessionaliFORMAZIONE<br />
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Vincitrice di Borsa di Studio per la frequentazione di un Corso di Alta Formazione in Psiconcologia presso l'Istituto Nazionale Tumori di Milano.<br />
<br />
Ha partecipato al Congresso "La ricerca sullo stress lavorativo e negli ambienti di vita", Roma.<br />
<br />
Ha conseguito la Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale presso l’Istituto Tolman.<br />
<br />
E' Socia AIAMC<br />
<br />
Ha frequentato un Corso su La valutazione del rischio stress lavoro correlato presso Ferrari Sinibaldi, Roma.<br />
<br />
Ha frequentato un Master in “Formazione e Gestione delle Risorse Umane” presso l’Associazione Industriali della Provincia di Cagliari . Totale ore 360<br />
<br />
Ha conseguito l’abilitazione per l’esercizio alla professione di Psicologo ed è regolarmente iscritta all’Albo degli Psicologi della Regione Sardegna al numero 773.<br />
<br />
Laurea in Psicologia, indirizzo del Lavoro conseguita presso l’Università di Cagliari. Titolo della tesi di laurea: “Abitudini alimentari in Sardegna. In rapporto alla Qualità e al relativo Marchio qual è l’importanza della componente informativa ai fini della motivazione all’acquisto. Un esempio; Il Pecorino Sardo D.O.P.”. <br />
<br />
Corso di Inglese II Livello presso International Language Centeres, Cambridge.<br />
<br />
Conoscenza lingue straniere: sufficiente conoscenza della lingua inglese e spagnolo parlato e scritto.<br />
<br />
Conoscenze informatiche: Windows 95, Windows 98 e Windows 2000 Professional. Pacchetto Office (Word, Excel, Power Point) Internet, e il programma Statistica.<br />
<br />
Pubblicazioni: S. Conte-D. Magnani. Qualità-Marchio, ricerca su abitudini alimentari in Sardegna: Pecorino Sardo D.O.P. Annali della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Cagliari. Vol. XXIV.<br />
<br />
Hobby: Viaggi, lettura, sport<br />
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ESPERIENZE PROFESSIONALI<br />
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Lavora presso un’Impresa di Costruzioni come Responsabile Gestione Risirse Umane e del Sistema Qualità ISO 9001:2008.<br />
<br />
Esercita la libera professione in qualità di Psicologa e Psicoterapeuta. <br />
<br />
E’ specializzata nella Valutazione Rischio Stress Lavoro Correlato e conseguente Redazione del Documento.<br />
<br />
E’ stata volontaria Psicologa al Servizio di Psiconcologia presso l'U.O. di Oncologia medica del P.O. Cesare Zonchello di Nuoro.<br />
<br />
Ha effettuato la selezione del personale per una struttura turistico-ricettiva.<br />
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E’ stata volontaria Psicologa al Servizio di Psiconcologia presso l’U.O. di Oncologia medica del P.O. Cesare Zonchello di Nuoro. <br />
<br />
Ha collaborato come docente di Psicologia e Comunicazione presso l’ENAIP Sardegna per gli interventi di Formazione Professionale inerenti alla Misura 5.3 - POR della Sardegna - Scheda Progetto A1 “Aggiornamento degli Operatori dell’assistenza domiciliare integrata”. <br />
<br />
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Ha collaborato come esperto esterno per l’attività di Monitoraggio e Valutazione Processo del Progetto PON Mis. 1 Az. 2 presso l’Istituto Magistrale “Sebastiano Satta” di Nuoro. <br />
<br />
Ha collaborato come docente di Orientamento e altre Capacità personali nell’Obbligo Formativo e nei Corsi di Apprendistato presso l’E.S.I.E.A. (Ente Scuola Industrie Edilizie ed Affini) della provincia di Cagliari. <br />
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Ha collaborato come docente di Orientamento e altre Capacità personali nell’Obbligo Formativo presso l’E.S.I.E.A. (Ente Scuola Industrie Edilizie ed Affini) della provincia di Cagliari. <br />
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Ha svolto attività di Tutoring all’Università di Cagliari, Dipartimento di Psicologia, Cattedra di Fondamenti di Psicologia Generale. Ha tenuto tre seminari sulla Memoria per gli studenti dello stesso Corso. <br />
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Ha svolto attività di Tutoring all’Università di Cagliari, Dipartimento di Psicologia, Cattedra di Metodi di raccolta e Analisi dei dati. Ha tenuto, per gli studenti dello stesso Corso, due seminari sulle ricerche di mercato in campo alimentare e sulle analisi statistiche adeguate allo studio del Marketing in Psicologia. <br />
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Tirocinante presso il Centro di Igiene Mentale Cagliari Est. Durante il periodo di tirocinio ha perfezionato, in particolare, le sue conoscenze circa il Colloquio Anamnestico e la Psicodiagnostica attraverso la somministrazione e conseguente siglatura delle Scale di Intelligenza e Reattivi di Personalità. Totale ore 500.<br />
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Tirocinante presso l’Università di Cagliari, Dipartimento di Psicologia, Cattedra di Metodologia della Ricerca Psicosociale. Durante il periodo di Tirocinio ha perfezionato la sua conoscenza delle metodologie della ricerca sul campo ed in laboratorio: si è specializzata sull’utilizzo di nuove strumentazioni e tecniche per il controllo del Comportamento. Inoltre ha approfondito le sue conoscenze in campo statistico e psicometrico con particolare rilevanza per le tecniche multivariate. <br />
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Ha collaborato presso l’Università di Cagliari, Dipartimento di Psicologia, Cattedra di Metodologia della Ricerca Psicosociale in Ricerche di Marketing per Interviste motivazionali, somministrazione Questionari e relativa Analisi dei dati.Drssa Debora Magnanihttp://www.blogger.com/profile/15948972261711990799noreply@blogger.com0