lunedì 19 luglio 2010

QUANDO FINISCE UN AMORE

Collocato ai primi posti nella scala degli eventi stressanti elaborata nel 1967 da Holmes e Rahe, l'abbandono è a tutti gli effetti un trauma che deve essere elaborato.
Da un punto di vista psicologico la perdita del partner viene paragonata all’esperienza del "lutto". Con questo termine (dal latino luctus= pianto e lugere= piangere) si intende la reazione emozionale che si sperimenta quando si perde una persona significativa della nostra esistenza. Infatti non si può amare qualcuno e perderlo senza sentirsi soli e deprivati del suo affetto, senza diventare vulnerabili e provare dolore.
Il lutto è come una ferita, il cui processo di cicatrizzazione richiede tempo e fatica.
A differenza della morte, la perdita del partner nelle separazioni è "l’accettazione di vivere senza l’altro che continua la sua vita indipendente".
Come reagiscono uomini e donne dinanzi al lutto dell’abbandono?
Le donne tendono ad avere reazioni emotive più intense, riescono a parlarne con più facilità, cercano più spesso aiuto anche nella psicoterapia. Gli uomini più spesso “fanno i forti” per aiutare se stessi e gli altri familiari, nascondono le emozioni più intime, per non dimostrarsi vulnerabili, cercano vie di fuga nel lavoro, nell’alcol, o si lasciano andare alla rabbia.
Diverse sono le possibili conseguenze psico-fisiche del lutto da abbandono sugli adulti: tra le conseguenze a livello fisico elenchiamo spossatezza, disturbi del sonno e dell’alimentazione, disturbi digestivi, aumento della pressione, interruzione del ciclo mestruale, problemi sessuali, caduta dei capelli, cefalee, abbassamento delle difese immunitarie.
Tra quelle psicologiche problemi di ansia, fobie, ossessioni, attacchi di panico, disturbi alimentari (anoressia, bulimia…), depressione, disturbo post- traumatico da stress, dipendenze da alcol, farmaci, gioco.
Il lutto da separazione può durare mesi o addirittura anni e in assoluto il far finta di nulla è la situazione che crea più danni e che prolunga la sofferenza nel tempo.
Che fare dunque?
Quando una relazione finisce l’obiettivo principale è quello di riuscire a convertire la "separazione-frustrazione " in "separazione-attiva "; che vuol dire alcune cose come:

- Concedersi un giusto "periodo di lutto " ossia un tempo adeguato per poter elaborare il trauma del distacco

- Evitare i sentimenti di colpa nei confronti di se stessi e degli altri bensì trovare una spiegazione e dunque capire e apprendere dall’esperienza della perdita

- Affrontare la situazione, piuttosto che lasciarsi andare ed autodistruggersi

- Non rinnegare il dolore bensì accettarlo. Il dolore è una tappa importante per la nostra evoluzione e ci permette di capire i nostri errori e migliorarci

- Vivere il tempo non come nemico ma come "alleato" per cicatrizzare la ferita

- In queste situazioni può rivelarsi prezioso l’aiuto di uno psicologo che sosterrà il paziente nell’attraversamento del doloroso passaggio della perdita aiutandolo nell’amara ma allo stesso tempo fondamentale elaborazione dei vissuti di rabbia, dolore, confusione e disorientamento che accompagnano questo momento.

In particolare lo psicologo aiuterà il paziente a prendere consapevolezza "emotiva" del suo disagio facendo emergere emozioni, sentimenti, pensieri e riflessioni.

Attraverso il percorso psicologico il paziente potrà comprendere come una perdita dolorosamente vissuta e profondamente elaborata può creare le condizioni per il riconoscimento della stima in se stessi e per una rinascita interiore fondata su una maggiore consapevolezza di sé e delle proprie scelte.


A cura della Dott.ssa Francesca Saccà

LA DIPENDENZA AFFETTIVA

E’possibile dipendere da una persona come se questa fosse una droga? La risposta è si. Infatti, quando l'amore si trasforma in un ossessione che travolge e fa soffrire, non parliamo più di amore ma di “dipendenza affettiva”. La love addiction - come la chiamano gli anglosassoni – altro non è che una patologia del sentimento e del comportamento amoroso e, nel mondo contemporaneo, è sempre più diffusa.

E’ assolutamente normale che in una relazione, in particolare durante la fase dell'innamoramento, ci sia un certo grado di dipendenza e fusione ma questo desiderio, con lo stabilizzarsi del rapporto, tende a diminuire. Nella dipendenza affettiva, invece, il desiderio fusionale perdura inalterato nel tempo ed si tende continuamente ed esasperatamente a "fondersi nell'altro".

Volendo tracciare il profilo psicologico del dipendente affettivo potremmo dire che è una persona che non si sente libera di amare un altra persona per quella che è veramente e, nello stesso tempo, non è in grado di farsi amare per quella che è la sua vera natura; sostanzialmente il dipendente sta insieme all'altra persona per colmare le proprie paure, i propri bisogni. e non riesce a godere dei veri e propri aspetti positivi dei rapporti umani, obnubilato dalla possessività, dall'ansia di separazione e dalla paura per un possibile abbandono.

In questi soggetti si può sviluppare nel tempo un vero e proprio quadro psicopatologico contraddistinto da depressione, ansia generalizzata, disturbi del sonno, irritabilità, problemi alimentari, ossessioni e compulsioni.

Chi è afflitto da dipendenza Affettiva soffoca sul nascere ogni suo interesse, desiderio, amicizia, rapporto con altre persone e familiari, così come restringe al minimo gli impegni lavorativi fino a trascurare e a manomettere tutto ciò. Da un punto di vista comportamentale il dipendente infatti dedica completamente tutto sé stesso all’altro, al fine di perseguire esclusivamente il benessere del partner e non anche il proprio, come dovrebbe essere in una relazione "sana".

In colui che è affetto da dipendenza relazionale il partner assume spesso il ruolo di un salvatore, di un “eroe”, che diviene lo scopo unico dell’esistenza, e la cui assenza anche temporanea da al soggetto la sensazione di “non esistere” (DuPont, 1998).

Un rapporto che genera dipendenza è una condizione che intorpidisce mentalmente la persona e la rende incapace di esprimere i propri sentimenti minacciando gravemente la salute e il benessere psicologico.

La scarsa autostima è il punto di partenza della dipendenza affettiva e solitamente è il retaggio di difficoltà vissute nell’infanzia: esperienze di abbandono, violenze fisiche e psichiche, maltrattamenti e soprusi emotivi lasciano un segno doloroso nella mente del bambino che, una volta raggiunta l’età adulta, collocherà la propria autostima all’esterno, nelle relazioni. Ciò significa che avremo individui estremamente dipendenti dal giudizio e dalle valutazioni altrui al fine di stare bene con se stessi e che cercheranno disperatamente qualcuno in grado di dar loro quel senso di autostima che manca. Tutte queste persone diventeranno dunque “ostaggi” nelle mani di chiunque dimostrerà loro approvazione o affetto.

Riepilogando i principali sintomi della dipendenza affettiva sono:



- Paura di perdere l'amore, dell'abbandono, della separazione

- Paura della solitudine e della distanza

- Paura di mostrarsi per quello che si è

- Paura di amare l'altro per quello che è

- Senso di colpa

- Senso d'inferiorità nei confronti del partner

- Gelosia e possessività

- Rabbia





Alla luce di questo quadro non stupisce che questo tipo di personalità dipendente scelga partner "problematici", portatori a loro volta di altri tipi di dipendenza (droghe, alcol, gioco d'azzardo, ecc...). Ciò sempre al fine di negare i propri bisogni, perchè l'altro ha bisogno di essere aiutato. Ma è un'aiuto "malato" in cui si diventa "codipendenti", anzi si rafforza la dipendenza dell'altro, perchè possa essere sempre "nostro".



Il dipendente affettivo vive dunque una vita fatta di tante complesse "trappole emotive" che lo conduce a sofferenza e infelicità. Nel momento in cui il disagio e la sofferenza diventano troppo pesanti, tanto da compromettere seriamente la vita quotidiana, è bene rivolgersi ad uno psicologo che aiuterà l'individuo a prendere maggior consapevolezza della propria situazione e a guardare in faccia alle proprie fragilità e bisogni insoddisfatti al fine di riprendere in mano le redini della propria esistenza e gettare le basi per la costruzione di una più sana e funzionale modalità d'amare.

Scritto in Dipendenza Affettiva

IL MIO PARTNER MI HA TRADITO!

Una delle esperienze più dolorose in tema d’amore è sicuramente il tradimento.
Il sociologo Baumann definisce l'amore "un prestito ipotecario fatto su un futuro incerto e imperscrutabile" (Baumann, L'amore liquido,2006); in effetti l’infedeltà in amore, come rivelano i sondaggi, è una realtà incontestabile e, come appare sempre più spesso dai media, oggi si tradisce molto di più che in passato.
Ma cosa vuol dire tradire? Il significato originario della parola tradimento viene dal latino "tradere", equivalente in italiano a "consegnare", inteso nel significato di consegnare ai nemici. Esistono diverse forme di tradimento: ad esempio venire meno ad un impegno, deludere la fiducia, infrangere un patto. In ogni modo tradire significa infrangere le aspettative dell’altro o quelle che noi gli abbiamo alimentato.
I fattori in grado di contribuire al tradimento sono diversi e dipendono dalla storia della coppia, dalla capacità di risolvere i problemi, dalla fase della vita che si sta attraversando.
All’interno della coppia possono essere presenti problemi anche prima della crisi e il tradimento può diventare l’esito finale di un disagio presente da tempo.
Ecco una serie di elementi che possono, a lungo andare, creare un terreno fertile al tradimento:

- La tendenza e l’evitamento dei conflitti o del disaccordo nella convinzione che possanno danneggiare il rapporto.

- L’evitamento dell’intimità che, di conseguenza, ostacola la condivisione e la complicità dalla vita di coppia.

- L’insoddisfazione nell'ambito della vita sessuale che viene vissuta come poco gratificante o assente.

- L'assenza di confini che preservino la coppia da influenze esterne (amicali o familiari)

- L’assenza di specifici spazi e momenti che appartengano solo alla coppia.

Dopo che il tradimento è avvenuto un passo importante è la rivelazione dello stesso: può esserci una rivelazione spontanea da parte di chi ha tradito o, molto più frequente l’amara scoperta da parte di chi è stato tradito attraverso un indizio, come un sms, uno scontrino o altro tale da destare fondati sospetti. In ogni caso la rivelazione porta alla crisi del rapporto e a questo punto critico è presa la decisione della rottura o di tentare attraverso il perdono una riconciliazione.

Ma cosa accade nella mente del “traditore”? All'inizio del tradimento c'è in chi tradisce una sorta di regressione a schemi sentimentali tipici dell’età giovanile, dove l’amore è fatto di passione e d emozioni forti. La relazione con un nuovo/a partner è desiderata in quanto non presenta i litigi, la quotidianeità , le preoccupazioni tipiche del matrimonio o comunque di una relazione che dura da diversi anni. Tuttavia col tempo, può insorgere un forte stato di ansia dovuto alla difficoltà di conciliare tempi e luoghi da dedicare a due relazioni diverse.

E come reagisce la coppia di fronte al tradimento? Ogni coppia reagirà con le sue modalità, ma in ogni caso verrà messa a dura prova la stabilità di ogni membro: stress, aggressività, incapacità nella gestione della propria rabbia, senso di frustrazione, questi i vissuti principali dopo l’amara scoperta. In questo momento la comunicazione diventa estremamente difficile ed incomprensibile, l’altro viene percepito come un estraneo e la ferita è dovuto soprattutto alla sensazione che siano venute meno le premesse di base su cui si fonda una relazione.
Il tradimento ha minacciato la stabilità, la sicurezza, la fiducia costruite insieme dalla coppia.
A volte i partners si stupiscono delle loro stesse reazioni: coloro che, all’inizio della relazione di coppia, erano sicuri che, se avessero subito un tradimento, avrebbero sciolto il legame, ora invece, davanti all'accaduto, non riescono ad andarsene; coloro invece che affermavano che la loro relazione era più importante di qualsiasi scappatella, ora invece, alla scoperta del tradimento, se ne vanno di casa senza esitazione.
Molto spesso poi, se il tradimento viene perdonato, spesso si tratta di un perdono solo apparente, vale a dire si crede di aver perdonato ma invece la ferita è ancora ben viva. In molti casi si perdona soprattutto per la paura della perdita dell'altro, anche se ha tradito. Anche il perdono di un tradimento richiede una sua elaborazione, come un lutto.
Cosa fare in questi casi? Ecco alcuni utili suggerimenti:

1. Riconoscere e accettare il sentimento di rabbia e delusione

2. Dare un senso alla rabbia e renderla costruttiva in qualche modo

3. Affrontare direttamente il “traditore” e farsi spiegare i motivi del tradimento, ascoltando le sue ragioni

4. Valutare se il tradimento ha distrutto la fiducia e il rapporto.

5. Domandarsi se si è in grado di perdonare davvero il partner o se restare con lui è solo un modo per non stare da soli.

6. Evitare di colpevolizzarsi. Se si è stati traditi, è meglio parlarne insieme e individuare il problema, che spesso appartiene alla coppia.

7. Concedersi del tempo per superare questo dolore e per sfogarsi magari prendendosi una pausa di riflessione

E se tutto questo non basta? Sicuramente può rivelarsi utile il supporto di uno psicologo che potrà aiutare entrambi i membri della coppia, laddove gli individui manifestino la volontà di tornare insieme e recuperare il rapporto. Lo psicologo potrà lavorare anche singolarmente sull’individuo che ha subito il tradimento al fine di supportarlo nell’elaborazione dei vissuti di rabbia e dolore e nello sviluppo di strategie funzionali al superamento del momento di crisi.

A cura della Dott.ssa Francesca Saccà

venerdì 16 luglio 2010

VALUTAZIONE STRESS LAVORO CORRELATO. PROROGA.

L’emendamento approvato in commissione Bilancio del Senato il 24 giugno scorso, consente ai privati, così come al pubblico, di prorogare al 31.12.2010 quello che di fatto è dovere in virtù dell’accordo europeo 8/10/2004. Quanto sopra, si legge nel provvedimento, è motivato dal fatto che la proroga consentirebbe di adottare le opportune misure organizzative per la valutazione, tra i diversi rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, anche dello stress lavorativo



(L. Ghiringhelli)